Editoriale – Il corpo vivente. Interpretazioni progettuali dell’architettura alpina storica

Il corpus dell’architettura tradizionale storica che ha plasmato il territorio alpino prima della “rottura” novecentesca – approfondito nel saggio introduttivo– è stato in epoca moderna e contemporanea una sorta di passaggio obbligato per tutti coloro che, progettisti e studiosi, si sono occupati in modi differenti di architettura e paesaggio delle Alpi. Trattare gli aspetti legati alla “tradizione” significa inevitabilmente inoltrarsi in un terreno estremamente scivoloso ed ambiguo.
Come di fatto non esista un’architettura alpina intesa come «secrezione naturale del paesaggio e delle genti e nemmeno del contesto montano» (Reichlin,1995), così non si può parlare infatti di una tradizione alpina univoca ed assoluta dalla quale discendono in modo spontaneo le modalità insediative, architettoniche e tecnologiche sviluppate nei secoli passati. Le tradizioni (al plurale) che sono oggetto di questa trattazione sono dunque considerate tali in quanto approcci consolidati di sviluppare soluzioni costruttive ed insediative a partire dalla traduzione sul piano fisico delle condizioni geografiche, sociali, culturali ed economiche di un dato territorio, secondo un processo mai lineare di circolazione di modelli, riferimenti e linguaggi. Allo stesso modo possiamo dire che – dagli approcci più conservatori che si attengono ad un “obbedire alle cose” fino alle trasmutazioni più radicali – l’uso delle tante tradizioni del mondo alpino da parte degli architetti contemporanei non è astratta ed anacronistica riproposizione di tecniche e modelli. Esso è piuttosto ipotesi programmatica, tecnica progettuale, atto compositivo o concettuale, e muove sempre da una reinterpretazione critica della realtà. Non a caso, la questione di una ri-attualizzazione (o reinterpretazione) dei modi e delle tecniche della tradizione è stata uno dei nodi concettuali e tematici più ricchi di spunti e riflessioni nella definizione di un modus operandi progettuale per i moderni sulle Alpi. Ciò continua ad essere un tema attuale anche nella cultura contemporanea nella misura in cui si consideri la rilettura della produzione spontanea alpina materia progettuale attiva e non solo sterile riproposizione di stilemi come avvenuto negli anni del “rustico internazionale”. Superata anche un’interpretazione di carattere funzionalista, che vede l’architettura tradizionale come portatrice di “razionalità oggettiva” – si pensi a Pagano e agli altri studi dei moderni sulla casa ed il mondo rurale – oggi la reinterpretazione del patrimonio apre a nuovi significati e nuovi percorsi fertili di ricerca progettuale. I saggi e i progetti pubblicati in questo numero mostrano come la cultura architettonica di oggi possa attingere a quell’enorme bacino semantico, di approcci, di linguaggi, di figurazioni, di tecniche, per estrapolarne riferimenti insediativi, tettonici, distributivi, tecnologici, utili allo sviluppo del progetto contemporaneo. Se nell’immaginario collettivo, alla storia e alle tradizioni locali – complice anche la cultura patrimonializzante che ha permeato i dibattiti negli ultimi decenni – si associa l’idea di una presunta immobilità e atemporalità, le recenti esperienze di progetto sembrano invece mettere in luce modalità che mostrano nuove flessibilità evolutive, facendole tornare materia vivente.


Editorial

The corpus of traditional architecture that had shaped the Alpine territory before the 20th-century “rupture” – which is looked further into in the introductory essay – in the modern and contemporary ages has been a basis for designers and scholars who have dealt with different modes of interpreting architecture and the landscape in the Alps. Dealing with aspects linked to “tradition” means stepping into an extremely slippery and ambiguous terrain. Just as there is no Alpine architecture in the sense of a «natural secretion of the landscape and people or even of the mountain context» (Reichlin, 1995), we cannot speak of an absolute Alpine tradition that produced the settlement, architectural and technological methods developed in past centuries. The traditions (in the plural form) discussed here are considered as such because they are consolidated approaches of constructive and settlement solutions. These approaches develop from the physical translation of geographical, social, cultural, and economic conditions of a territory, according to a non-linear circulation of models, references, and languages. In the same way, we can state that – from the more conservative approaches that “obey things” to the most radical transmutations – the use of “tradition” by contemporary architects in the Alps does not lead to an abstract and anachronistic re-proposition of techniques and models. On the contrary, it is a programmatic hypothesis, a design technique, a compositional or conceptual act, and it always arises from a critical re-interpretation of reality. Not surprisingly, the issue of re-actualizing (or re-interpreting) ways and techniques of tradition was one of the key concepts giving rise to countless ideas and considerations when defining a design modus operandi for Moderns in the Alps. This continues to be a relevant theme in contemporary culture, if one considers the re-interpretation of spontaneous Alpine production as an active design material and not only as a sterile re-proposal of stylistic elements as occurred in the years of the “international rustic”. Having overcome a functionalist interpretation that sees traditional architecture as a symbol of “objective rationality” – think of Pagano and other modern studies on the house and the rural world – nowadays the re-interpretation of heritage opens to new meanings and new fertile research and design paths. The essays and projects published in this issue show how today’s architectural culture may be inspired by the enormous array of approaches, languages, figurations, techniques that extrapolate references useful to contemporary projects. If in the collective image history and local traditions – also thanks to a heritage culture that has dominated the debates in the last decades – are associated with an idea of presumed immobility and timelessness, recent project experiences show new flexibility of evolution, making them return to being a living matter.