È dalla nascita della rivista stessa che il comitato editoriale coltiva il desiderio di dedicare un numero alla produzione architettonica contemporanea sulle Alpi occidentali. Vuoi per le difficoltà di comparare questo spazio alpino rispetto a contesti in cui la cultura architettonica ha giocato un ruolo decisivo nello sviluppo dei territori, vuoi per le evidenti disparità in termini anche quantitativi con l’architettura delle Alpi centro-orientali – a cui è peraltro stato dedicato il numero precedente –, non è mai stato tentato un lavoro sistematico di ricognizione estensiva dell’architettura di qualità sulle montagne dell’arco alpino occidentale. Il lavoro costante di osservatorio e di monitoraggio del territorio, delle sue architetture e dei professionisti che lavorano nelle valli, fatto nell’ultimo decennio attraverso le pagine di questa rivista, e con altre ricerche e pubblicazioni dell’Istituto di Architettura Montana, ha sempre messo in luce la frammentarietà, la discontinuità e la mancanza di un’identità riconoscibile della produzione architettonica dell’ovest delle Alpi. Contesti molto diversi che, nonostante la prossimità linguistica e culturale, fortemente caratterizzate dalle matrici latine e dalle lingue occitane e francoprovenzali, hanno vissuto vicende storiche, sociali ed economiche profondamente differenti. Si pensi anche solo alla diversità tra il Vallese svizzero ed uno qualunque dei cinque départements alpini francesi (Alpes-Maritimes, Hautes-Alpes, Isère, Savoie et Haute-Savoie), o ancora al divario tra la Valle d’Aosta, intramontana e a Statuto Speciale, e il Piemonte, in cui nel territorio montano vive solo il 20% circa della popolazione totale della regione. Queste difformità si sono anche tradotte in differenti modalità di gestione del territorio, di perseguimento di politiche urbanistiche ed edilizie, di gestione amministrativa degli apparati pubblici, di formazione professionale, di produzione culturale, di creazione di visioni sociali ed economiche, che nel corso dei decenni hanno prodotto sul piano fisico esiti estremamente vari e diversificati. La sfida di realizzare questo numero è diventata ben presto l’occasione per dare vita innanzitutto ad un nuovo percorso di ricerca transfrontaliera, sul campo, a contatto diretto con referenti di fiducia (studiosi e appassionati) sul territorio, sfogliando le pagine dei portfolio di decine di studi professionali. Il lavoro si è ben presto rivelato una scoperta, la piacevole sorpresa di un evidente segno di cambiamento di rotta sulle Alpi occidentali, che mostra una situazione ben diversa anche solo da un decennio fa, e dove la produzione architettonica odierna si mostra fortemente interconnessa con le trasformazioni sociali, economiche e culturali in atto. L’architettura contemporanea sembra infatti farsi strada con coraggio nelle valli delle Alpi occidentali, e lo fa non attraverso gli accomodanti luoghi comuni del mainstream architettonico internazionale o le facili sicurezze di retoriche consolidate e reiterate, ma rendendosi invece traduttrice di istanze complesse, ritagliandosi piccoli spazi di movimento nelle trame delle realtà socio-economiche locali, portando innovazione nei modi quanto nelle tecniche, interpretando con rigore critico le peculiarità dei territori e dei patrimoni. La selezione delle 34 opere presentate nel volume mette in evidenza alcune tematiche emergenti che caratterizzano la produzione contemporanea e che compongono un racconto corale in cui l’architettura diventa testimonianza “costruita” delle trasformazioni in atto sul territorio montano contemporaneo: dalla produzione della cultura all’abitare, dai servizi all’ambiente e al paesaggio, fino al patrimonio
Working inside things: new architecture in the Western Alps
Since the beginning of ArchAlp’s experience, the editorial committee has been cultivating the desire to dedicate an issue to contemporary architectural production in the Western Alps. Either for the difficulties in comparing this alpine space with those contexts in which architectural culture has played a decisive role in the development of the territories, or for the evident disparities in terms of quantity with the architecture of the Central and Eastern Alps – which is the main theme of the previous issue – a systematic survey of the Western Alps architectural quality was never attempted. A constant work of observation and monitoring of the landscape – with its architecture and the professionals who work in the valleys – has been carried out not only through the pages of this journal but also through other research and publications undertaken by the Institute of Mountain Architecture. This observatory work has always been accomplished by highlighting the fragmentation, the discontinuity, and the lack of a recognisable identity of the architectural production of the Western Alps. Very different contexts which, despite the linguistic and cultural proximity – strongly characterised by Latin roots and the Occitan and Franco-Provençal languages – have experienced profoundly different historical, social, and economic events. Just think of the diversity between the Swiss Valais and any of the five French Alpine départements (Alpes-Maritimes, Hautes-Alpes, Isère, Savoie et Haute-Savoie); or the gap between Aosta Valley, which is a special administrative area fully among the mountains, and Piedmont, where only about 20% of the total population of the region lives in the mountain area. These variations have involved different methods of land management, urban planning and building policies, administrative management of public machinery, professional training, cultural production, creation of social and economic visions. All features which, over the decades, have been producing extremely varied and diversified outcomes from a physical standpoint. What could be a challenge is soon transformed into an opportunity: by leafing through the portfolios of dozens of professional firms, this issue wants to give life to a new cross-border research path, involved in the field and put in direct contact with trusted local representatives (scholars and enthusiasts). This work very soon turned into a discovery: a pleasant surprise of an evident change of path in the Western Alps, which shows an extremely different situation if compared to even just a decade ago. Now the architectural production seems strongly intertwisted with the social, economic, and cultural transformation taking place in these territories. Indeed, contemporary architecture in the Alpine valleys seems to make its way with courage, and it does so not by indulging the accommodating clichés of the international architectural mainstream, or the easy certainties of consolidated and reiterated rhetoric, but instead by becoming a translator of complex instances, carving out small manoeuvring spaces in the plots of local socio-economic realities, bringing innovation in both ways and techniques and interpreting with critical rigour the peculiarities of territories and heritage. The selection of the 34 works presented in this volume highlights some emerging themes which characterise contemporary production. It aims to fabricate a choral story, where architecture becomes a “built” testimony of the transformations taking place in the contemporary mountain territory: from the production of culture to the inhabiting practices, from facilities to landscape and heritage.